Gli avvenimenti successivi, comunque, ci mostreranno Enrichetta appassionata, attiva, coraggiosa, modesta e, ad eccezione di un doloroso smarrimento momentaneo, tenera sempre e orgogliosa del suo compagno; ben meritevole del commosso elogio che questi nel congedarsi dalla sua famiglia le avea dedicato: «... se nel corso di tanti anni non ho fatto azione di cui posso vergognarmi, lo debbo ad Enrichetta. Ad ogni mia azione, se vi era un lato poco nobile, io stesso mi diceva: come comparirò dinanzi ad Enrichetta? Arrossirò di vergogna dinanzi a lei, sí nobile, sí generosa, se la mia coscienza ha qualche cosa a rimproverarmi».
Unendosi a Pisacane, Enrichetta non aveva scelto di certo la via piú facile e piana: ché egli non era uomo cui l'amore soddisfatto, e fosse pure un intensissimo amore, bastasse a riempire la vita. E forse, per quanto vi fosse preparata, ella soffrí dapprima di quel suo inquieto dinamismo, che lo induceva a ricercare la lotta, a farsi volontario di tutte le battaglie d'armi e d'idee, a sdegnare le abitudini e gli agi per consacrarsi al raggiungimento di ideali sempre piú alti e vasti. Pisacane apparteneva infatti a quella élite di uomini che vengon biasimati dai piú perché «sacrificano la famiglia»; e cosí fanno invero, ma non perché non l'amino profondamente, ché anzi la loro attività è in qualche modo condizionata alla felicità domestica; piuttosto perché considerano questa come una base necessaria, come un porto sicuro, donde salpare quotidianamente per una vita piú ricca e piú utile, sempre meno ispirata alla considerazione del personale tornaconto: non mai come un fine.
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