All'ispettore napoletano non resta che saldare il debito, sequestrare il bagaglio e far vela per Napoli; al Governatore di Livorno indagare, con calma toscana, sulla nuova destinazione dei fuggitivi, che alcuni suppongono siansi diretti a Malta: il 30 di marzo l'Auditore del governo assicura che son passati a Marsiglia, via Corsica; ed era esatto, ma con un buon mese di ritardo. Pisacane si era già trasferito, infatti, direttamente a Londra, giungendovi, da Boulogne-Folkestone, il 4 di marzo(10).
Erano due sconosciuti, poveri per giunta(11); speravano, viaggiando sotto mentito nome, di sottrarsi alla persecuzione borbonica. Il vasto mondo si apriva loro dinanzi. Pisacane era abbastanza ottimista: «Non sono un asino, non sono un vile, ed ho fortissimo il corpo»; possibile che non dovesse riuscire a guadagnarsi la vita? Lo attendevano invece, oltre ai primi morsi di una disastrosa miseria, nel sordido slum di Blackfriars Bridge, nuove prove della irritazione borbonica, ché quel Ministro degli Esteri, avvertito dalla Legazione di Londra, l'11 marzo, della sua presenza colà, fece fuoco e fiamme per ottenere l'estradizione e di lui e di lei; non vi riuscí, è vero, ma il governo inglese, che non scherzava coi frodatori della legge sugli aliens, saputo chi fosse Dumont, garbatamente lo invitò a ripassare la Manica. Gli toccò dunque, seguitando la dura via crucis, lasciar quella Londra dove, sotto il nome fittizio, qualche utile conoscenza avea già stretto nell'ambiente dei rifugiati italiani: l'unico ambiente di connazionali che a lui, considerato disertore dell'esercito, potesse aprirsi ormai.
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