Sí che Pisacane, nell'atto stesso in cui poneva attenzione al problema politico e considerava sotto questo aspetto l'avvenire d'Italia, era portato a oltrepassarlo o meglio ad afferrarne, con la palese relatività, il processo dialettico di superamento.
Caratteristica tutta sua, questa, che gli derivò proprio dall'avere cosí tardi, e in cosí particolare ambiente e condizioni, inteso e affrontato la questione italiana.
Cervello solido, sistematico, ordinato, a Pisacane non ne derivò scetticismo, ma il disagio di una visione complessa e torbida, faticosamente elaborata e chiarita di poi: contradittorie impressioni, idee suggestive ma incomplete o imprecise insieme ad istantanee vivaci e indimenticabili di un mondo progredito in via di ulteriore sviluppo; soprattutto un'improrogabile esigenza: uscire definitivamente dalla piccola cerchia della vita individuale, affrontare i grandi problemi della convivenza sociale, studiarli particolarmente in riflesso all'Italia, alla quale urgeva dare il senso di quanto, in ogni campo, e non solamente nell'assetto politico, essa fosse in arretrato di fronte all'Europa. Difficile compito, per altro, risvegliar gli italiani, se un Pisacane avea potuto, fin quasi a trent'anni, compiacersi di un genere di vita, di problemi, di orizzonti non solo napoletani, ma propri in Napoli a un esiguo ceto sociale!
Interessantissima, dunque, questa vita a Parigi; piacevole il prolungarla, non fosse stato il bisogno, che urgeva, di sistemarsi in qualche modo e la sperimentata impossibilità di trovar lavoro nella capitale.
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