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      Le strepitose novità italiane ed europee gli avevano messo la febbre in corpo. Si combatte in Italia, per la sua indipendenza, una guerra sul serio contro un nemico potente; come potrebbe un italiano, cui scorra sangue nelle vene, continuare a combattere la guerricciola d'Africa? Sí che per quanto il suo colonnello qualifichi la sua partenza come una vera perdita pel reggimento e il generale gli suggerisca di sospendere le dimissioni, recandosi prima in Italia per giudicar sul posto come procedano le cose, Pisacane — che odia le mezze decisioni — insiste nel suo proposito, e parte precipitosamente seguito da altri legionari italiani. Non ha perduto i suoi tre mesi africani: perfino il Ministro della Guerra, Arago, che egli ha probabilmente conosciuto a Parigi da Pepe, scriverà piú tardi cose assai lusinghiere sul conto suo.
     
      Questo scoppio liberale del '48 sorprese un po' tutti; ma dové sorprendere come una folgore Pisacane che la sua Italia conosceva sí poco: gennaio, rivoluzione in Sicilia, gran dimostrazione a Napoli, Ferdinando concede (di che cuore!) la Costituzione; marzo, Costituzione in Piemonte, Costituzione a Roma. Il tutto preceduto, accompagnato, seguíto dai grandi incendi di Parigi e di Vienna. Metternich che se ne va, Luigi Filippo che se ne va. Trionfo inconcepibile del liberalismo europeo. In Italia, poi, la folla delle capitali impazza perché, con quattro dimostrazioni, ha ottenuto una serie di riforme e di garanzie che non ha mai desiderato e non sa neanche cosa voglian dire, e i pochi iniziatori esultano (e dovrebbero stupire e diffidare) perché il popolo, con «divino» intuito, ha sposato d'un tratto la causa delle libertà politiche.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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