Fuochi d'artificio, sí; ma chi se ne accorgeva allora? Quegli scoppi e quel persistente bagliore ingannarono tutti. Come sembrava mutata l'Italia, come mutati i suoi Principi, come inalzato il suo popolo, negli ultimi mesi!
Tanto mutato, tutto, che a Pisacane, sbarcato a Marsiglia il 1° di aprile, parve legittimo attendersi che in un tal clima i suoi recenti trascorsi venissero considerati come appartenenti addirittura a una remota antichità, e perciò dimenticati e sanati: su ben altro che scandaletti donneschi avevan dovuto, a Napoli, passare a malincuore la spugna... L'ufficiale «disertore», l'adultero si presenta dunque al Console delle Due Sicilie, al quale chiede un salvacondotto per Napoli: gli sorride, è logico, di fare la guerra col grado suo, con i suoi concittadini, in un esercito comandato dal Pepe. Ma il buon funzionario (non c'è che la burocrazia che non muti, nel '48), pauroso di tanta responsabilità, gira la pratica al Ministero.
Aspettare? Pisacane ha poca pazienza; sente che quei giorni contan per anni; gli ripugna vivacchiare a Marsiglia, sia pure con Enrichetta accanto, mentre in Italia tuona la «bella guerra». Al diavolo dunque le autorità borboniche: parte di furia per Milano, e il salvacondotto, concesso, resterà poi a dormire negli uffici del Console.
Sono in quattro nel viaggio: lui, la sua compagna, un altro ufficiale della Legione straniera(18), e un Giovanni Cattaneo, emigrato, cugino dell'altro Cattaneo pezzo grosso dell'insurrezione.
Capitolo terzoAzione
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