Il guaio si è che tale opinione, tale sfiducia integrale nella capacità tecnica del Comando Sardo non sono prerogativa di Pisacane, sempre abbondante, si sa, nel criticare, ma hanno preso radice tra i volontari tutti. L'ultimo appunto, in special modo, era grave e fondato: gli austriaci, padroni di Riva sul Garda, padroni della Val di Ledro, padroni delle vie d'accesso alla Val Sabbia, avrebbero potuto infatti avanzare a ventaglio sulla pianura bresciana senza incontrare resistenza valida. Per fortuna, le forze di cui essi disponevano in quella zona erano appena sufficienti ad assicurare la loro propria difesa.
Ad ogni modo, quasi a calmare le apprensioni di Pisacane, ecco, sulla fine d'aprile, l'ordine che ingiunge al general Durando (Giacomo) di assumere il comando di tutto il complesso settore montano che costituisce l'estrema linea di confine tra la Lombardia e il Tirolo austriaco: da Limone sul Garda per l'altopiano di Tremosine a Ponte Caffaro; di qui al Tonale e allo Stelvio.
Benissimo, dunque: solo che a guarnire un fronte di tanta estensione Durando non può disporre che di tre o quattromila uomini, pessimamente armati e allenati! Non c'è altro da fare che stenderli a guisa di cordone sanitario, piuttosto a vigilare che a difendere: in seconda linea, due o tre luoghi forti. È poco, ma è pur sempre un progresso rispetto a quel che hanno fatto, nel primo mese di guerra, in quello stesso settore, le bande semi-anarchiche dell'Allemandi.
Le colonne di volontari concentrate sulla sponda meridionale del Garda raggiungono una dopo l'altra le posizioni assegnate.
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