Ma Durando forse pensava che gli ufficiali al fronte vedono il loro settore, e basta; par loro che le sorti della guerra abbiano a decidersi unicamente lí.
D'un tratto — è la metà di giugno — perviene a Pisacane una compagnia di rinforzi con l'ordine di impadronirsi d'una importante posizione strategica, la vetta del Monte Nota (1384 metri d'altezza) che sta a cavaliere tra l'altipiano di Tremosine e la Valle di Ledro. Rinforzi? Gli si darebbe dunque ragione? Oh no: il comando voleva «disfarsi di certi indisciplinati»!(25)
L'azione riesce benissimo: austriaci non ce ne sono; si trovano a qualche ora di marcia dal Nota, a Molina, una borgata allo sbocco del lago di Ledro. Vederli, finalmente! Pisacane spinge i suoi uomini in ricognizione. «Era la prima volta che i soldati vedevano il fuoco», racconterà poi, «... l'affare riuscí brillante... io ero arrivato a venti passi dalle case, vi ordinavo pochi uomini per l'attacco alla baionetta... ma all'arrivo del rinforzo (austriaco) feci battere la ritirata».
Quel giorno stesso e i successivi il Monte Nota e i suoi accessi diventano oggetto di frequenti piccoli attacchi e contrattacchi. I giornali di Milano, lieti di poter contrapporre successi del corpo lombardo a insuccessi dell'esercito sardo, ne parlano assai. Il 16 giugno (si legge ad esempio sui fogli di cinque giorni appresso) gli austriaci attaccarono «colla forza di 300 uomini... le due compagnie stanziate sul M. Nota comandate dai capitani Pizzacane (sic) e Brambilla. I nostri, dopo fatta una scarica, caricarono alla baionetta il nemico, che tosto indietreggiò alle sue posizioni, lasciando tre morti e cinque feriti». Il 17, gran confusione: «il nemico — cosí almeno si legge sulla Gazzetta di Milano del 3 di luglio — tentò uno sbarco a Limone.
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