Nella voragine della pianura lombarda, tutto, miserevolmente sprofondando, s'annulla: ardori, speranze, eroismi.
Quattro d'agosto, armistizio: la Lombardia torna all'Austria; ma è quello stesso paese che con le forze sue proprie ha, qualche mese addietro, messo in fuga il Radetzki? Piú a nord, la guerra sussulta ancora; e il 7 agosto, ad esempio, il corpo di Pisacane prende parte a una sanguinosa ricognizione tra Lonato e Salò. Ma Pisacane, convalescente, non c'è: precedendo i commilitoni costretti, cinque giorni piú tardi, all'esodo definitivo verso il Piemonte o la Svizzera, egli è già riparato, con Enrichetta, a Lugano(27).
Estate turbinosa, quell'anno, nel quieto Cantone Ticino, caro ai turisti inglesi, e affluenza di villeggianti inconsueti: figure eminenti della insurrezione e della guerra lombarda e d'altri episodi rivoluzionari italiani, combattenti e feriti pur mò smobilitati, scrittori e agitatori politici, ciurmaglia in miseria. Gruppo compatto, lo stato maggiore repubblicano, Mazzini in testa.
Speranze di ripresa in Italia non mancano, né su tutto il fronte lombardo si è per anco ristabilita la calma: i volontari allo Stelvio resistono fino al 16 agosto, la colonna Garibaldi, concluso l'avventuroso raid da Bergamo a Morazzone, non si ritira in Isvizzera che il 27 del mese, la Valtellina di Quadrio s'agita ancora. La guerra è, sí, ufficialmente sospesa ma l'armistizio potrebbe da un momento all'altro venir denunciato. Fervore eccezionale, impazienze, recriminazioni, dispiegamento senza risparmio del «senno di poi», dunque, tra gli ospiti del Cantone Ticino, ciascuno fantasticando sul quando e sul come riappiccare il grande fuoco sopito, ciascuno a suo modo istruendo il processo al recente passato.
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