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      Spaventoso, in proposito, il lavoro che incombe ai governanti di Roma: tien luogo d'esercito, infatti, una disordinata accozzaglia di gente armata alla meglio, disseminata in un territorio vastissimo che va da Ferrara ai confini napoletani, da Civitavecchia ad Ancona: quindicimila uomini circa, molti dei quali tengono piú, quasi, all'autonomia delle bande cui sono affiliati e alla gloria dei rispettivi capi che non alla salvezza della repubblica. Il Ministero della Guerra ha fino allora funzionato a rovescio: subalterni incapaci cacciati ai comandi, tecnici di valore sprecati in sottordine; confusione dovunque, dalle uniformi all'armamento; assenza totale di piani organici.
      Bisogna, dice Pisacane a Mazzini con la consueta chiarezza, stabilire senza indugio un programma di reclutamento atto a triplicare gli effettivi esistenti; imporre a tutti un regolamento che non soffra eccezioni; precisare il criterio gerarchico, e cosí via. Cose semplici, è vero, e di lapalissiana evidenza; ma quel che colpisce Mazzini fin dal primo istante (come già un anno innanzi a Milano il Cattaneo) è il tono fermo, severo, sicuro, con cui Pisacane si fa a proporle: il tono d'un uomo che, misurandone perfettamente le inevitabili difficoltà, si rivela disposto e capace di portarle a compimento contro tutto e tutti. La miglior soluzione sarebbe quella di affidare a lui e a nessun altro che a lui il compito della riorganizzazione militare, per poi riferirne, s'intende, all'Assemblea sovrana; ma anche nella Roma rivoluzionaria di quante suscettibilità pronte ad offendersi bisogna tener conto!


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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