Girando perciò la posizione, Mazzini propone la nomina di una Commissione di cinque che lavori all'uopo accanto al Ministro, naturalmente «senza lederne la libertà di azione e la responsabilità»; suggerisce quattro Carneadi, piú Pisacane, per Commissari. L'Assemblea, docile, approva.(36) È il 17 di marzo: la Commissione si pone subito all'opera con la piú grande energia. Pisacane — era da prevedersi — fa quel che vuole: in pochi giorni, provocate o spontanee, ecco le dimissioni del sig. Ministro («un asino», per Pisacane); al cui posto, fin dal due di aprile, s'insedia la Commissione. Pisacane, cioè, promosso maggiore il 26 di Marzo, è virtualmente Ministro.
L'accordo con Mazzini è altamente fruttuoso. Pisacane completa infatti come meglio non si potrebbe il futuro triumviro, il quale, felicissimo nell'ideare audaci piani di guerra, si trova poi nell'impossibilità di vararli, ignorando affatto come s'impieghi il fucile o che sia mai la manovra avvolgente o come si appresti a difesa un terreno! Lunghe ore essi trascorrono insieme, chini sulla carta d'Italia, ragionando oltre che dell'immediato avvenire di Roma, d'una guerra d'Italia e del modo di accenderla. Ma se le idee loro collimano per quanto riguarda l'ordinamento delle milizie romane, proprio in tema di fini e condotta di guerra esse divergono assai. Il contrasto è quanto mai curioso: Mazzini, repubblicano per antonomasia, caldeggia la collaborazione con l'esercito di Sua Maestà Sabauda, nell'imminente crociata antiaustriaca sul Po; Pisacane, ex ufficiale borbonico, ex ufficiale nell'esercito sardo (al cui comando ha suggerito, non è che un mese, l'unione militare con Roma) sostiene invece calorosamente che il Piemonte e le Due Sicilie, in quanto monarchici, vanno considerati dalla repubblica nemici né piú né meno dell'Austria.
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