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      Intransigenza, purismo repubblicano d'uno zelante neofita, contrapposti alla duttilità del vecchio lottatore politico? Soltanto in apparenza; come infatti, con i suoi precedenti, potrebbe Pisacane mostrarsi sdegnoso di patteggiamenti e alleanze sperati vantaggiosi al conseguimento di fini comuni? La verità è che egli questa speranza non l'ha. Esaminando le cose da un punto di vista puramente politico-militare, egli, che prevede Novara, trova pazzesco che si voglian legare le sorti della giovane repubblica alla cadente fortuna sabauda. Il fine ultimo del rivolgimento italiano è forse la mera liberazione dall'Austria o non piuttosto la formazione di uno Stato liberale unitario? Ebbene, la situazione del marzo '49 offre, per la prima volta da moltissimi anni, la possibilità di mirare al raggiungimento rapido e integrale di quel fine. L'Austria e il Piemonte essendo infatti immobilizzati sul Po, le tre repubbliche italiane dovrebbero profittarne per far marciare su Napoli un esercito collegato. Napoli, indebolita dalla rivolta in Sicilia, mal difesa da un esercito cui gli avvenimenti del '48 hanno inferto il colpo di grazia, priva per giunta dell'intervento dell'Austria, finirebbe certamente col cedere: sfasciatosi cosí il regime borbonico, la popolazione farebbe causa comune con Roma, Toscana e Venezia; i due eserciti, espressione di piú che mezza Italia, si scaglierebbero allora, in condizioni di netta superiorità, contro i due superstiti nemici del nord, l'un contro l'altro armati.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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