Il mezzo termine scelto fu, com'è noto, l'urgente richiamo del corpo di Mezzacapo e d'altre colonne operanti lontano dalla capitale e insieme l'ordine a Garibaldi di spingersi con la sua legione in ricognizione offensiva verso i colli Albani dove intanto si erano provvisoriamente postate le truppe di Re Ferdinando.
Dopo due lievi scontri la ricognizione aveva termine il 17 di maggio e, caso strano, con pari soddisfazione d'entrambi le parti, i romani vantando il pieno raggiungimento degli obiettivi propostisi, i napoletani nientedimeno che d'aver costretto Garibaldi alla fuga.
Chi fosse il vincitore vero non venne chiarito neanche a guerra ultimata; lo stesso Pisacane polemizzò in proposito col fratello ufficiale borbonico, secondo il quale uno degli scontri — quello di Palestrina — risaliva a gloria immortale dei suoi commilitoni! Guerre e battaglie d'ottant'anni fa.
Comunque i napoletani si guardaron bene dall'avvicinarsi ulteriormente a Roma; e poiché in breve tempo affluirono nella città i rinforzi (portando a diciottomila uomini la guarnigione effettiva) e s'erano intanto iniziate trattative d'armistizio con l'Oudinot generale francese, la situazione della repubblica avrebbe potuto dirsi radicalmente migliore se il terzo nemico, l'austriaco, presa Bologna e tenendo ormai tutta quanta la Toscana, non avesse rappresentato lui adesso la minaccia immediata, polarizzata su Ancona, unico porto che a Roma fosse rimasto.
La necessità della difesa di Ancona, anzi, portò a un nuovo rimpasto nell'alto comando, ché l'Avezzana venne inviato a dirigerla, e un colonnello, il Roselli, prese il suo posto qual generale delle operazioni.
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