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      Mazzini amaramente rimpiange di non aver seguito a suo tempo i consigli di Pisacane. L'ingenuitą romana č ancora una volta documentata dalla goffa lettera che il Roselli dirige al generale Oudinot per pregarlo di prolungar l'armistizio in vista della necessitą di fronteggiare la minaccia austriaca; la risposta francese, nella sua secchezza, sottolinea la sleale sopraffazione di cui l'Oudinot non ha sdegnato di farsi strumento.
      Per quanto la caduta di Roma sia matematicamente sicura e imminente, uno slancio tanto piś eroico quanto piś inutile dei suoi difensori decide la resistenza ad oltranza. «Le monarchie possono capitolare; le repubbliche muoiono», dirą piś tardi Mazzini. Le agguerritissime truppe francesi, che s'imaginano di conquistar la cittą in un sol balzo e senza colpo ferire, sperimenteranno con un mese di assiduissimi sforzi, con perdite tutt'altro che lievi, con consumo spropositato di munizioni, quel che possa valere, anche in una piazza naturalmente indifesa, la disperata volontą di qualche migliaio di italiani straccioni e avventurieri. E sķ che la difesa risente non poco del mancato accordo tra i capi, quali eroicamente avventati, ma ignari della piś tecnica tra le guerre, quella d'assedio, quali forniti anche troppo di coltura scientifica, ma inconsapevoli che in talune emergenze val meglio un pugno d'«arditi» che una manovra sapiente.
      Pisacane, che ha ferma l'idea della indifendibilitą di Roma, insiste ancora nel suo piano di trasformar l'assedio in battaglia campale: per male che vada non altro danno ne deriverebbe che l'anticipata caduta di Roma, ma se si vince le conseguenze sono addirittura incalcolabili!


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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