Era stata allora allora pubblicata una relazione sulla campagna del '49 in Sicilia nella quale l'autore, ex aiutante di campo del generale Mieroslawski, aveva tranquillamente attribuito la colpa del disastroso esito delle operazioni agl'isolani indisciplinati e indolenti e al loro rovinoso governo. Pisacane, cui pure non era sfuggito il carattere deplorabilmente piú antinapoletano che italiano, piú autonomistico che democratico della rivoluzione siciliana, colse la palla al balzo; e in un nuovo articolo dell'Italia del Popolo, in mezzo a censure e sarcasmi all'indirizzo dell'infausto condottiero polacco, che con la sua magra scienza avrebbe condotto alla sconfitta non pure i siciliani ma il piú bellicoso popolo del mondo, tracciò un magnifico elogio morale e politico dei meridionali in genere, sottolineando la continuità e l'eroicità del loro sforzo per conquistarsi libere istituzioni. Poteva dirsi altrettanto d'altri paesi piú settentrionali, signor Mieroslawski?
Ma anche l'antipiemontesismo ebbe Pisacane, da allora in poi, milite attivo e accanito. Quella formola «lasciar fare al Piemonte» in nome della quale troppa gente da troppo gran tempo andava ponendo bastoni nelle ruote a chi intendesse suscitare un rivolgimento originale italiano lo imbestialiva infatti al di là di ogni dire e gli strappava le piú veementi proteste. Poste le sue premesse ideali, non era logico d'altronde che la quiete e la relativa floridezza delle quali godeva il Piemonte venissero da lui considerate come un'insidia all'avvenire d'Italia?
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