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      Ma, siamo giusti, v'era di che ammirare questo nobile in volontaria miseria, unicamente assorto, ormai, nel sogno appassionato della emancipazione italiana. Spalle quadre, salute da vendere, idee cristalline, era di quelli che col solo aderirvi aggiungono credito alla causa che servono: un animatore. Bisognava vederlo nelle discussioni! «Aveva scatti improvvisi», ci racconta il Dall'Ongaro; «aveva collere che lo trasportavano intieramente. Bisognava vederlo quando la conversazione s'animava e pigliava un tono vivace, appassionato. Già, non si discuteva che della prossima rivoluzione, delle prossime fucilate, della prossima proclamazione della repubblica. Allora gli occhi di Pisacane scintillavano, la sua barbetta bionda s'agitava convulsivamente e la parola gli usciva dalle labbra calda, animata, fremente. Guai a contraddirlo!... Il suo contradditore dinanzi a quella parola di fuoco piena di figure, accompagnata da una mimica meridionale, espressiva, fantasiosa, era subito costretto a ripiegare; a darsi per vinto. Chi pagava le spese di quella turbinosa eloquenza era quasi sempre il disgraziato tavolino intorno a cui quei colloqui tempestosi avevano luogo: il poveretto scricchiolava da tutti i lati sotto i pugni poderosi che ci batteva sopra il Pisacane»...
      I soggetti di discussione, e magari di litigio, non mancavano certo, pur tra colleghi in rivoluzionarismo repubblicano! Lasciamo andare se fra tanti «giacobini» capitasse un monarchico, fra tanti liberi pensatori un cattolico militante, fra tanti progressisti un retrogrado; ma nel loro circolo stesso, pur progressisti, antipapali, repubblicani tutti, erano gravissime scissioni teoriche e pratiche.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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