Propaganda d'azione immediata, o propaganda culturale e spirituale a piú lunga scadenza? Programma d'iniziativa italiana, anche se isolata, o attesa d'un moto europeo, con iniziativa prevedibilmente francese? Propaganda puramente politica o anche di riforme sociali? Accordi con l'ambizioso Piemonte o azione indipendente? Alleanza di tutte le forze liberali o intransigenza repubblicana? Queste e molte altre questioni trovavan Mazzini e Cattaneo ai poli opposti: ma se i due capi del movimento repubblicano unitario e di quello federalista, pur seguendo ciascuno la propria via, o non s'urtavano o, urtatisi, s'affrettavano a scansarsi, i loro rispettivi seguaci, bizzosi sacerdoti ortodossi, s'accapigliavano furiosissimamente, scagliandosi a vicenda accuse da non si dire, terminando, s'intende, con lo screditarsi tutti: sciupío d'inchiostro, fioccar d'incidenti personali, sabotaggio delle iniziative reciproche. Chi voglia averne un'idea non ha che da leggere I misteri repubblicani di Perego e Lavelli, maligno libello uscito nel '51, che rimestando in quel mezzo sollevò un non piú visto vespaio. Non osava perfino il federalista Giuseppe Ferrari scrivere a Mazzini, a lui direttamente, nell'ottobre del '50: «il vostro sistema se lo seguite perderà il vostro onore», «la reazione vi guadagna», «oggi il nemico vi sdegna; che domani una rivoluzione scoppi a Parigi, accetterà subito la maschera offerta. Non capite che allora tutti i traditori si chiameranno Mazzini?» Né è a dirsi se le stesse divisioni non regnassero tra gli emigrati repubblicani in Francia, ché anzi vi trovavano il terreno piú adatto; tre sètte (unitari federalisti e costituentisti), e una guerra a morte tra loro.
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