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Come precisamente fra tante beghe la pensasse Pisacane non è ben certo. Doveva molto a Mazzini, è vero, e aveva vissuto con lui in quella intimità al cui incomparabile fascino nessuno sapeva sottrarsi, e per lui aveva lavorato e lavorava tuttavia; ma il soggiorno a Lugano, per quanto fugace, e la consuetudine piú ancora che col Cattaneo con gli amici di lui non poterono non ispirargli i primi spunti di quella attitudine critica verso il «Maestro» che nei due anni successivi egli svolse impetuosamente e quasi con ira. Furon Mauro Macchi e De Boni, probabilmente, i colpevoli: assidui entrambi alla Castagnola, entrambi per forma mentis, cultura, interessi spirituali diametralmente discosti dal Mazzini il cui misticismo inguaribile e l'apparente indifferenza pel problema sociale a loro, positivisti e liberi pensatori, francamente repugnavano. Da costoro Pisacane, che andava ancora alla cerca di un credo definitivo o, diciamo, di un orientamento filosofico, attinse comunque assai largamente.
Ma il soggiorno piú formativo per lui fu senza dubbio quello di Londra, iniziato sugli ultimi di novembre di quell'anno. Neanche a Lugano egli avea trovato l'araba fenice della quale da tanto tempo ormai andava vanamente in cerca, un impiego cioè; e già l'Italia del Popolo, pur mò nata, rivelava minacciosi i segni della crisi finanziaria che ben presto ne avrebbe spenta la voce; e sparivano i risparmi modesti del periodo di guerra; e incombeva su lui come su tutti gli emigrati la spada di Damocle di una possibile espulsione dalla Svizzera.
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