Non capitava proprio tutti i giorni la possibilità d'incontrare in un miglio quadrato gente della risma d'un Blanc, d'un Leroux, d'un Ledru-Rollin,(76) d'un Cabet, d'un Dupont; né d'imbattersi, tra i banchi del British Museum, col celebre autore del Manifesto dei Comunisti. Chi di costoro riuscí Pisacane a avvicinare? Ahimè, non si sa; alcuni di certo se il Macchi ci attesta che dalla viva voce dei «capi della democrazia francese» egli apprese allora i rudimenti delle nuove dottrine sociali. Le occasioni per frequentarli, d'altronde, non gli dovevan mancare, ché nei salotti dei suoi nuovi amici inglesi i socialisti erano allora alla moda ed era anche alla moda che i democratici si riunissero in «agapi fraterne» in questa o quella taverna, libando alle «immancabili» sorti.
Se dunque il soggiorno in Isvizzera aveva offerto a Pisacane la possibilità di fare un nuovo passo in avanti nel superamento d'un patriottismo troppo esclusivo e d'intuire la stretta interdipendenza che correva tra gli avvenimenti politici dei vari Stati d'Europa, i mesi di Londra riportarono la sua attenzione sulle relazioni esistenti tra problemi politici e problemi sociali. Nel luogo e nell'ambiente in cui un Marx andava studiando ed esponendo le cause economiche dello scoppio rivoluzionario del '48, e un Ledru-Rollin dipingeva nella sua opera sulla Decadenza dell'Inghilterra un quadro impressionante delle condizioni del proletariato britannico; in cui si compilavano, per seminarli poi in tutto il continente, giornali e riviste ispirati al socialismo; in cui si formavano tra gli esuli delle varie nazionalità clubs socialisti e comunisti; in questo luogo e in questo ambiente Pisacane, all'indomani del '48-'49, non poteva trascorrere sette mesi senza che il suo orientamento spirituale ne risentisse profondamente.
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