Ma del libro si dirà piú innanzi, ché non venne alla luce se non l'anno appresso.
Racconta il Macchi: «Molti mesi egli allora passò meco in quasi fraterna dimestichezza con Cattaneo, con Dall'Ongaro, con De Boni(80); e presto abituatomi alla cara consuetudine della sua compagnia, non dimenticherò mai il dolore, che sentii dentro di me il giorno in cui ci diede addio, per raggiungere incognito quell'egregia signora, che aveva abbandonato la primitiva famiglia, i parenti, gli agi domestici, il paese nativo per dividere le tribolate sorti del profugo politico».
Enrichetta dov'è? Tocchiamo qui forse il motivo dominante della irrequietezza dimostrata da Pisacane negli ultimi tempi. La «compagna» è materialmente e moralmente lontana, molto lontana da lui, smarrita in un'angosciosa crisi spirituale, sulla quale solo di recente il fortuito ritrovamento di una lettera ha gettato una prima luce.
Genova, un piccolo albergo, il 10 di ottobre; scrive Enrichetta a Carlo (dopo avergli narrato della sua vita solitaria, confortata di quando in quando dalle visite di qualche amico di Pisacane e suo): «Conforti è venuto in questo punto..., e mi ha esortato ad amarti sempre, perché lo meriti, e ciò è pur troppo vero, e credo che ben presto ti amerò molto, ed il giorno che avrò la risposta dalla famiglia ti esorterò a venire in tutti i modi a vedermi... Ieri Boldoni mi portò la tua del 7... La lessi, mi commossi molto, ma poi sono ricaduta nell'incertezza di prima... ti prego, non farmi piú domande e né parlarmi piú di questo nostro ultimo dispiacevolissimo affare.
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