Insomma un successone di pubblicità, ma ben pochi consensi: Pisacane aveva urtato un po' tutti. Mazzini, in una lettera del 22 settembre, riecheggiava un'opinione diffusa scrivendo: «... mi duole che, col nemico in faccia, italiani abbiano a sciabolarsi fra di loro. Pisacane è buonissimo... Ma egli pecca nella via che prende, come molti di quei che scrivono. Oggi noi dobbiamo considerarci tutti come soldati d'un esercito davanti al nemico: intenti a preparar forze ed accordo per la battaglia. Può esserci dovere di scrivere contro un individuo, se si crede che quell'individuo possa esser chiamato a diriger le cose e possa per incapacità o malafede rovinarle; ma ogni linea che vada piú là, ogni linea inutile, ogni linea che dicendo anche la verità dica una verità non importante per la causa, è cagione di discordia e reazione nei ranghi, è una colpa. Pisacane ha moltissime di queste colpe. Non parlo affatto dell'aplomb col quale ei dichiara il governo di Roma aver mancato d'energia e d'idee, benché sia male lo spargere scetticismo sugli uomini capaci ancora di fare un po' di bene e che i padroni perciò appunto vorrebbero minare, ma delle linee che hanno suscitato questo subbuglio tra i Siciliani e lui. Probabilmente, sono linee avventate ed ingiuste; ma quando anche esse nol fossero, era utile scriverle? Credeva questo, ei dirà; ed è debito mio di pagar tributo alla verità. Dico, che l'Italia non ha alcuna necessità di avere storici in oggi, ma grande di avere combattenti. Non si tradisce, tacendo, il vero.
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