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      E la mia questione è oggi, se importi scriver tutto».
      Parole sacrosante in un certo senso, vuote di significato in un altro. Può mai dirsi infatti che un paese non abbia bisogno di «storici», quando gli storici sian uomini che credono d'aver ravvisato nei fatti presi in esame errori gravi o personali o collettivi i quali, se non considerati e perciò ripetuti, possono condurre a disastri avvenire? Quanto poi alla opportunità di tacere alcune volte il vero, la difficoltà sta per l'appunto nello stabilire queste occasioni. Non venne mosso, forse, l'identico rimprovero di parlare secondo coscienza ma contro ogni opportunità politica, al Mazzini quando, alcuni mesi piú tardi, vergò parole roventi contro la democrazia socialista di Francia?
      Certo che nel suo libro Pisacane non aveva avuto il menomo riguardo per chicchessia; lasciatosi andare sull'invitante piano inclinato delle «stroncature», lo avea percorso tutto senza freni di sorta, diresti quasi con voluttà; nel rilevare le deficienze di questo o di quello raramente aveva sentito il bisogno di rammentarne insieme le benemerenze; è anche vero che qua e là aveva un po' troppo posato a giudice severo e imparziale di avvenimenti cui, non senza suscitar moltissime critiche, aveva egli stesso partecipato. Andò a finire che la modestia da lui dimostrata nel non accennare mai una sola volta in tutto il libro all'opera da lui compiuta nel '48-'49 (tanto piú apprezzabile quanto piú in contrasto col suo congenito egocentrismo) parve — e non era davvero — una colpa di piú.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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