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      Del che, è vero, qualche colpa aveva anche il suo autore; il quale, accingendosi ad esporre un pensiero cosí inusato e aggressivo, lo aveva sin dalle prime pagine presentato ai lettori nella sua formulazione piú intransigente dogmatica ed estrema. Si sarebbe detto che non gli bastasse la pazienza a condurli pian piano, per via deduttiva, ad afferrarne la logica derivazione da premesse accettabili e quindi, se non la convenienza, la ragionevolezza.
      Né si vuol lamentare con questo che non si sia davvero, in quegli anni, fatto propaganda per la rivoluzione sociale; scartando questo, che era in qualche modo il «programma massimo» della Guerra combattuta, se ne sarebbe potuto estrarre pur sempre almeno una indicazione di metodo, di praticità immediata. Studiare a fondo cioè le condizioni della vita italiana nelle diverse regioni e nei diversi strati sociali sí da chiarire, in base ai resultati dell'indagine, tre cose importanti: 1) i moventi dell'adesione di taluni ceti al movimento nazionale italiano; 2) le ragioni effettive della indifferenza d'altri ceti — costituenti la grande maggioranza della popolazione — di fronte al movimento stesso; 3) a quali interessi e a quali ideali dovesse il programma nazionale d'ora innanzi ispirarsi per poter guadagnare le solidarietà sufficienti ad assicurarne il trionfo.
      Il programma massimo di Pisacane non si presentava in fondo che come la discutibilissima soluzione da lui proposta al terzo paragrafo: non era difficile intravederne di piú equilibrate; ad ogni modo l'invito implicito ai partiti italiani per una maggiore concretezza avrebbe potuto venir raccolto con sicuro beneficio di tutti.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





Guerra Pisacane