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      Possibile determinare un vasto movimento, con quegli esigui mezzi dei quali disponevano gli uomini di sinistra e che si rivelavano miseramente insufficienti anche ai fini di una limitata propaganda su una minoranza già pronta e ben disposta? L'assioma secondo il quale lo sviluppo delle libertà sociali segue e non precede l'acquisto delle piú elementari almeno tra le libertà politiche non ha, ch'io mi sappia, sofferto smentite mai.
      D'altronde cosa predicare alle masse, i cui bisogni e le cui aspirazioni si presentavan da noi cosí diversi e quasi in opposizione reciproca da regione a regione? Rivoluzione sociale era un termine troppo generico. Ma a parte questo, supposto anzi che si potesse nell'Italia del '50 lanciare un'efficace propaganda socialistica, non era forse chiaro che essa avrebbe accentuato l'indifferenza del «popolo» per un problema, appetto a quello sociale, tanto formale e di secondaria importanza come quello delle istituzioni e delle etichette politiche?
      Era dunque in preda a una ben strana illusione chi credeva che suscitando nel bel mezzo della lotta politica la fiamma dell'odio di classe, si sarebbe aggiunto sangue e vigore alla lotta; chi credeva che il mito socialista proposto a un proletariato analfabeta e di tipo prettamente pre-industriale avrebbe giovato, sollecitandone le immense energie vergini, al partito o ai partiti che in un risveglio degli italiani ponevano la condizione di un effettivo rinnovamento politico. Esso in realtà avrebbe avvantaggiate unicamente le forze reazionarie, mentre l'idea italiana, stretta fra i due opposti fuochi del socialismo e del conservatorismo ad oltranza, sarebbe miseramente perita.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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