Invero l'ipotesi che il nostro risorgimento non si sarebbe verificato se non con l'alleanza di tutte le forze interessate a mutar stato (ossia sotto una bandiera che promettesse benefici essenziali a ciascuna di esse) rivelò la sua acutezza piú tardi e per l'appunto proprio quando il raggiungimento dell'unità italiana, frutto degli sforzi e concretizzazione degli ideali di una modesta minoranza, parve segnarne il constatato fallimento. Necessariamente fallita nella contingenza, essa trionfava cioè in un senso piú assoluto, in quanto passava a costituire la pietra di paragone delle gravi evidenti deficienze proprie a un grande risultato raggiunto con minimi mezzi. Dal '60 in poi avrebbe dovuto essa ispirare la politica italiana: s'era tirato su, in fretta e furia, l'edificio; ora, perché non precipitasse addosso agl'italiani, bisognava rifarlo tenendo presente quell'idea che giustamente s'era dovuta scartare, un tempo, per considerazioni d'opportunità, ma che restava ciò nondimeno impeccabilmente e incontrastabilmente vera.
Capitolo settimoPiemonte socialista
Pisacane fu il primo che tentasse di spiegare con motivi prevalentemente economico-sociali l'insuccesso del biennio rivoluzionario italiano. Esagererebbe per altro l'importanza della Guerra combattuta chi la definisse perciò come un riuscito saggio di applicazione integrale del materialismo storico: geniale anticipazione, sí, ma troppo generica. Siamo alle soglie del socialismo scientifico. Pisacane dimostra infatti nel suo libro piú fede che dottrina, piú capacità d'intuizione che forza vera di ragionamento; è il neofita entusiasta che scrive, non l'argomentatore preciso e convincente che ha approfondito il suo credo e sa misurarne la portata e i limiti.
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Guerra
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