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      Frutto spontaneo, dunque, condotto a rapida maturazione del regime liberale pur mò inaugurato, non è detto per questo che l'intenso interesse per la questione sociale manifestatosi in Piemonte dopo il '49 non abbia ricevuto fortissimo impulso dagli avvenimenti del biennio precedente: tutti i grandi sconvolgimenti politici recano in sé la radice di successivi perturbamenti sociali; e non è a dire se le guerre e le insurrezioni e le divisioni stesse provocate nell'ambiente sociale italiano dal vario atteggiamento di ceti e gerarchie dinanzi alla crisi del '48-'49, e il generale impoverimento del paese, non abbian prodotto un profondo turbamento dell'equilibrio sociale e anche, come suole accadere, quella certa inquietudine degli strati piú bassi della società, che si manifesta nella morbosa ansietà di migliorare il proprio stato economico e nell'allentamento del rigido criterio gerarchico.
      Nel biennio rivoluzionario si era parlato un po' dappertutto di socialismo e di questione sociale; e le rivendicazioni del proletariato, piú o meno generiche, piú o meno spontanee, erano affiorate un po' dappertutto, in qualche luogo assumendo perfino un aperto carattere sedizioso.
      Il fenomeno, anzi, aveva cominciato a manifestarsi fino dal 1847, vuoi in conseguenza del generale risveglio delle minoranze liberaleggianti e della avvenuta concessione, in qualche Stato, di alcune riforme; vuoi in conseguenza della carestia determinatasi ovunque per via degli scarsi raccolti del '46(103). Rivendicazioni, meglio che del « proletariato», della povera gente; indistinta volontà di miglioramento che proruppe qua e là in agitazioni senza speranza e senza scopo preciso, nelle quali sarebbe vana fatica voler oggi distinguere la parte giocata dalle frazioni operaie o dai dispersi artigiani o dai braccianti agricoli.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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