Nel maggio, i tipografi si misero in agitazione per protestare contro l'adozione di un nuovo tipo di macchina; poco dopo fu la volta dei lavoranti sarti.
Socialismo in Piemonte: dove Il giornale degli operai (Torino) si fece banditore di animose rivendicazioni sociali, e in Parlamento una sonora fischiata del pubblico accolse il rigetto, da parte della maggioranza, della proposta instaurazione d'una imposta unica progressiva sul reddito; a Genova, il 4 d'aprile, scoppiò violentissimo lo sciopero dei facchini e quello dei carrozzieri, protestanti contro l'introduzione degli omnibus; il giorno appresso quello dei tipografi. Nel maggio-giugno, si ebbe minaccia di sciopero, a Torino, da parte di lavoranti sarti e calzolai. Le tendenze comuniste nella capitale sabauda erano cosí accentuate che scrittori liberali mostrarono perfino di nutrire serie preoccupazioni per l'avvenire di Torino industriale! A Genova nel novembre un oratore popolare si permise di fare aperta propaganda classista; nel marzo '48 qualcuno presentò al Parlamento una petizione richiedente addirittura che «in nome dell'eguaglianza», «le sostanze e i beni si dividessero fra tutti i cittadini»(111).
Socialismo in senso molto impreciso della parola? Generica espressione di malcontento, chiassate e niente altro? Sia pure. Certo è però che la borghesia italiana cominciò ad aver familiarità con i due «spettri» del socialismo e del comunismo proprio in questo periodo di tempo, e che da allora in poi i suoi portavoce non cessarono piú dal dilatarne minacciosamente le proporzioni e i possibili effetti, o al contrario dall'ostentare calorose simpatie socialiste, a seconda che si orientavano verso un conservatorismo ad oltranza, deliberato a tutto pur di distogliere gli italiani dall'impresa dell'indipendenza, o verso un liberalismo di sinistra, ansioso d'interessare in qualche modo le masse all'edificazione dell'auspicato Stato unitario.
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