Gli scrittori minori di cose sociali eran poi legione nel Piemonte del tempo: economisti e filosofi, sacerdoti e liberi pensatori, uomini politici e dilettanti delle piú svariate tendenze.(122)
Rosmini pubblica (Genova, 1849) un pesante studio critico sul comunismo e socialismo. Il padre Tapparelli D'Azeglio agita in un suo diffusissimo opuscolo il pauroso fantasma del socialismo. Il siciliano Corvaja, un genialoide che imbottisce d'insopportabili stramberie poche idee nuove e felici, escogita una panacea generale per guarire la società di tutti i mali del monopolio, né prima né ultima delle sue trovate intorno alla questione sociale; un anonimo che giura nella «supremazia democratica pura» rivolge un appello ai repubblicani, socialisti e comunisti perché s'abbiano a unire fra loro (Genova, 1850); un altro anonimo clericaleggiante stampa nel '51 un saggio sesquipedale sul socialismo e le sue varie dottrine e tendenze; v'è perfino chi traduce Gesú Cristo davanti un consiglio di guerra allo scopo di dimostrare che la dottrina socialista deriva direttamente dal Vangelo (1850); Massino-Turina, un economista, pretende d'aver trovato il verso di fermare il corso della miseria (1850); valanghe di libri e d'opuscoli propugnano l'instaurazione dell'imposta unica progressiva sul reddito. Un deputato, il Turcotti,(123) esamina con mentalità di socialista temperato i diritti che a ciascun uomo competono sul frutto integrale del proprio lavoro; Raffaele Conforti(124) studia il problema del lavoro da un punto di vista giuridico astratto; un Quaglia considera dottrinalmente il fenomeno dell'associazionismo operaio; il Carpi inizia fin d'ora le sue celebri indagini sulla diffusione del credito; un Giulio si scaglia contro le tasse che colpiscono la povera gente; dozzine di scrittori (Cavedoni, Liberatore, Grimelli, Nobili ecc.
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