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      Da Londra partivan piani su piani, che i «militari» di Genova invariabilmente bocciavano. Già nel '50, verso la fine dell'anno, Pisacane lamentava che in essi si ripetessero «i passati errori fatali». Nel '51 Mazzini voleva agire in Sicilia: parere contrario. Nel '52 in Lombardia: ma Pisacane e Mezzacapo, pel Comitato, stavan studiando di far qualcosa di serio nelle Due Sicilie (come ben sapevano, del resto, le autorità napoletane).(135) I processoni di Mantova, nel dicembre di quell'anno, e il fallimento dell'insurrezione milanese del febbraio '53 (sconsigliatissima, questa, dal gruppo di Genova) non potevano certo rinsaldare i rapporti già tesi tra Genova e «li incorreggibili di Londra», come in una lettera a Pisacane li bollava Cattaneo.(136) Tutt'altro: «... Non credere che la fazione mazziniana sia del tutto spenta — scriveva Pisacane medesimo, il 31 di marzo, con freddo distacco, a un suo amico —: essa continua a pretendere il primato. È imminente la pubblicazione di un opuscolo del Mazzini, in giustifica del suo operato, in accusa dei tepidi e codardi, giusta la sua nuova fraseggiatura adottata. Tale fazione non sarà mai nulla, ma ci darà ancora molestia». Povero Mazzini!(137)
     
      Se i Medici, i Cosenz, i Mezzacapo si erano staccati da lui per le accennate divergenze di natura politica, infastiditi altresí come liberi pensatori o tepidi cattolici dalla sua calda e persistente predicazione di nuovi valori religiosi(138), un terzo motivo, anche piú grave, valse ad approfondire il dissenso con Pisacane: il diverso atteggiamento intorno alla questione sociale.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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