Stesse del resto la Francia, da tempo imbarbarita e corrotta, contenta del suo stato; l'essenziale era che l'esperienza sua (dalla repubblica sociale alla reazione militare) non servisse di comodo pretesto ai ceti conservatori di tutta Europa — Mazzini naturalmente pensava soprattutto all'Italia — per riprendere su vasta scala le note speculazioni sulle «inevitabili» degenerazioni dei regimi liberi. Questione di vita o di morte, dunque, per la democrazia, una volta isolato il caso francese e diagnosticatone il male, segnalarne agli altri popoli, perché potessero combatterli, i germi epidemici.
Pisacane dissentiva toto cœlo: ma a che pro polemizzar con Mazzini? A che pro farsi avanti a dimostrare ad esempio, contro di lui, doversi i guai di Francia, anziché al dilagare del socialismo, alla debolezza di quel movimento in un paese dalla borghesia strapotente? A che pro? Era ormai cosí lontano da lui in tutte le questioni importanti, cosí diversamente orientato! Gli pareva che Mazzini, nuovo Giosuè, pretendesse fermare il corso del sole: il sole, avanzando, avrebbe folgorato, nonché Mazzini, tutti coloro che credevano di potere inchiodare l'umanità a ideali e valori sorpassati, incapaci di guardare innanzi, incapaci d'intendere le esigenze e le aspirazioni delle nuove generazioni. Meglio era dunque lasciare che i «vecchi» (Mazzini era sulla breccia dal '30!) sfogassero la loro vana stizza perché i giovani li disertavano, e impiegare il proprio tempo a studiar le vie del domani: radicare le proprie convinzioni nel profondo terreno del passato per acquistar la certezza di saperle poi, quando scoccasse l'ora d'agire, adattare alla tempra degl'italiani, e anche per cercarvi la conferma di certe nuove intuizioni sul meccanismo sociale balenategli nell'osservare la vita moderna.
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