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      Eppure, per quanto Cattaneo intendesse come pochi in Italia l'importanza capitale del fattore economico nella storia, Pisacane non poteva non lamentare il suo disinteresse quasi assoluto pel problema sociale, il disinteresse d'uno che si sarebbe detto non ne avvertisse neanche la crescente influenza nel mondo moderno. Stupenda ad esempio e azzeccata nelle sue previsioni la lettera che aveva ricevuto da lui di commento al colpo di Stato napoleonico, la quale terminava invitandolo a prepararsi a prossime guerre. («Io sono quinquagenario e togato, e sto a vedere. Voi siete giovane e soldato, se vi sono uova rotte dovete avere una mano sulla frittata»); ma come poteva Cattaneo limitarsi a trarre da quell'avvenimento illazioni meramente politiche, come mai non ne scorgeva le sintomatiche premesse e derivazioni sociali? Pisacane, a vero dire, non aveva occhi che per quelle, e non vedeva chiare che quelle: «Credo che hai veduto col fatto, scriveva a Dall'Ongaro, che le masse non si battono piú per servire l'ambizione di pochi, le masse quindi si muoveranno spinte dal solo miglioramento materiale, e che la sola rivoluzione possibile in Europa, è la grande rivoluzione sociale; è la spogliazione della borghesia, come fu quella della nobiltà nell'89. Credi tu che in Lombardia le masse correrebbero alle armi come vi corsero nel '48? Vane speranze; la bandiera che potrà muoverle è solo quella dell'abolizione della proprietà... Il popolo si muoverà solo quando vuole, quando le idee sono mature, e non già quando gli altri vorranno».(146) Aveva proprio la fissazione della rivoluzione sociale!


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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