Nel '53, ad esempio, levò clamore e suscitò polemiche senza fine un libercolo stampato dal general Roselli a propria difesa intorno alla Spedizione e combattimento di Velletri. Dallo scrittore in fuori nessuno che fosse nominato in quelle Memorie se la cavava con meno di un'acida nota: bistrattato, s'intende, anche Pisacane, suo ex capo di Stato Maggiore.(155) Pisacane, che del resto non aveva lusingato il Roselli nella sua Guerra combattuta, sferrò d'urgenza il contrattacco con un precisissimo articolo pubblicato in tre numeri della Voce della Libertà di Torino(156). Seguí, sullo stesso giornale, una violenta stroncatura di Pisacane a firma d'un tal Massimino Trusiani.(157) Ma la testa di turco del Roselli era l'eroe di Velletri, Garibaldi, contro il quale le parole usate eran grosse. Inde irae, battibecchi personali, un finimondo nella stampa democratica. Il 4 agosto 1854, sull'Italia e Popolo, uno sprezzante comunicato di Garibaldi; il 15 una contro dichiarazione di «alcuni ufficiali della repubblica romana» (Pisacane?); il 20 Roselli, senza peli sulla lingua, rincara la dose: la condotta di Garibaldi a Velletri fu «un delitto... certamente piú complicato e peggiore di quello del generar Ramorino in Piemonte». Garibaldi infuriato lo manda a sfidare, Roselli... non accetta; e quando gli dànno del vigliacco e bugiardo, senza scomporsi risponde che coi rodomonti a corto di ragioni è inutile battersi.(158)
Se i pezzi grossi trascendevan cosí, figurarsi la truppa minuta. E tutto ciò con la presunzione sincera di giovare alla causa italiana, tutto ciò nonostante che non scarseggiassero soggetti di grave e giustificata preoccupazione collettiva.
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