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      Mazzini stesso, rendendosi conto che la battaglia suprema s'approssimava, pareva pervaso da uno slancio nuovo, da un rifiorito ottimismo; le delusioni passate non erano, ancora una volta, che fuggevoli ombre; il suo stile ritrovava il tono ispirato e profetico: «V'è tal momento, scriveva in gennaio, in cui una insurrezione importante non suscita un popolo; tal altro in cui una sorpresa audacemente eseguita, una bandiera inalzata da un pugno d'intrepidi, una banda sull'Appennino, è la scintilla che dà moto all'incendio. Credo che il nostro momento sia questo». Che lo fosse, sentiron tutti, d'un tratto, i rivoluzionari repubblicani, e chi non l'ebbe a sentire, voleva dir proprio che tale non era e non sarebbe stato piú mai.
     
      Stretta la prima intesa generica, Mazzini si preoccupò di perfezionarla, e a tal uopo accortamente si serví della intelligente sua amica, e amica insieme di Pisacane, Emilia Hawkes: questa fu a Genova per quasi sei mesi, dal gennaio al maggio del '55. Le donne riescon talvolta mediatrici abilissime: molte cose che Mazzini avrebbe voluto dire agli ex dissidenti, e non sapeva come per l'antica ruggine, scriveva invece a lei ed essa con femminile garbo comunicava a loro, eliminando ogni sorgente di possibile attrito, scegliendo il momento opportuno per battere ora quel tasto ed ora quell'altro. Era ancora l'Emilia che convogliava a Londra le notizie di Genova, e anche questo faceva con conoscenza perfetta dell'amico di lassú, delle sue debolezze e dei suoi punti sensibili, animata sempre dal desiderio vivissimo che quella tregua s'avesse ben presto a tramutare in una pace definitiva.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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