(165) In un primo tempo Pisacane aveva lavorato esclusivamente per sé, assillato dall'esigenza di «formarsi un convincimento che, essendo norma delle sue azioni, fra il continuo mutare degli uomini e delle cose, lo avesse mantenuto sempre nel medesimo proposito». Non voleva, ecco, che la sua politica fosse mera improvvisazione governata dall'intuizione o dal caso. Soltanto piú tardi, parendogli di aver raggiunto una visione sintetica di qualche importanza, s'era persuaso dell'opportunità di comunicare al pubblico italiano le sue conclusioni.(166) Ma il destino gli negò di vedere i suoi Saggi stampati. Furon gli amici infatti che, morto lui, ne curarono la pubblicazione, in quattro volumi, 700 pagine e piú (I, Cenni storici; II, Cenni storici militari; III, La rivoluzione; IV, Ordinamento dell'esercito italiano).(167)
Qual è il valore dei Saggi? Ultimamente lo si è piuttosto esagerato, probabilmente per reazione all'ingiusto dispregio in cui furono tenuti nei loro primi trenta o quarant'anni di vita. Il libro presenta infatti gravi difetti di costruzione, è sproporzionato e prolisso, generalmente mal scritto, di rado originale, pesante ovunque di faticata erudizione. All'ambiziosissimo intento: «determinare l'avvenire d'Italia studiandone il passato» mal corrispondeva la preparazione dell'autore, digiuno o quasi di cultura giuridica e storica (relativamente piú dotto, se mai, in quella che allora si diceva «filosofia civile»). Molte le sue letture, sí, ma frettolose e troppo immediatamente sfruttate; le sue fonti — gli scrittori politici napoletani del '700, s'è detto, da Vico a Pagano, piú Romagnosi, Ferrari e i socialisti francesi del tempo suo, capofila Proudhon — affiorano, nei Saggi, continuamente: Pisacane non ha saputo farne sangue del suo sangue, convertire cioè l'erudizione in cultura.
| |
Pisacane Saggi Cenni Cenni Ordinamento Saggi Italia Vico Pagano Romagnosi Ferrari Proudhon Saggi Pisacane
|