Lui re, insomma, l'Italia sperimenterebbe finalmente l'indipendenza, la prosperitą e, chi sa, la grandezza!
Tale propaganda, autorizzata a Parigi e, per amore o per forza, tollerata a Torino, aveva gradatamente attecchito. Nel '50 e nell'anno seguente si era ancora ai «si dice»; nel '52 avea gią portato a misteriosissimi viaggi di Guglielmo Pepe in persona a Nizza e a Genova, seguiti da abboccamenti con Mezzacapo, Musolino, Carrano, Boldoni, Cosenz, verosimilmente con Pisacane medesimo.(177) Conversioni? Se ne sapeva poco (solo piś tardi si venne a sapere di Mezzacapo), ma Pepe era pure un gran nome e una gran garanzia, e se inclinava a murattismo lui... Dal '52 al '55 la situazione francese si era andata stabilizzando, quella napoletana aggravando: le azioni di Murat automaticamente salivano. Ma fu proprio nel corso del '55 che fecero un balzo in avanti: opuscoli-manifesti lanciati con chiasso a Torino e a Parigi, dichiarazioni di Murat alla stampa, quotidiani passati al suo servizio, un Saliceti, ex triumviro a Roma, stipendiato da lui, Montanelli sostenitore aperto, voci abilmente messe in giro sul filomurattismo di Cavour.(178) Nei circoli diplomatici, che ormai consideravano la situazione napoletana con assoluta «fluiditą» di vedute e assenza totale di solidarietą dinastica, molti dicevano forte che una restaurazione Murat rappresentava il piś pratico rimedio possibile. Se alcuno obiettava non doversi i mali italiani curare con medicine di fuori, gli agenti del murattismo replicavan vantando l'italianitą dei Murat e sbandierando l'antico proclama di Rimini.
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