Murattista, dunque, la maggioranza?(179) Tutt'altro; ma diffidente de' mazziniani e dei loro metodi e non disposta a mostrarsi in combutta con loro, sí certo. La qual discordia fra i liberali napoletani giovava immensamente, s'intende, anzi tutto ai borbonici, poi anche alla frazione Murat.
Prima misura di guerra antiborbonica e antimurattista era dunque, pei mazziniani, il procurare, sottolineando la gravità del pericolo e temperando il proprio programma, la formazione d'una provvisoria alleanza, d'un fronte unico tra le varie correnti dell'emigrazione che non fossero passate a Murat. Nell'autunno '55 non ebbero altro pensiero. Il blocco riuscí, come sempre riescono quando a proporli si fa la frazione estrema, la piú intransigente; in questo caso, poi, si dimostraron negoziatori preziosi quei «militari di Genova» che potevan ben dire: fummo anche noi contro Mazzini, ora ci uniamo a lui perché agire bisogna; Mazzini comunque è in mano nostra, niente farà senza che noi vogliamo. Nacque cosí tra il cadere del '55 e i primi del '56, con sede a Torino, un Centro politico avente per scopo dichiarato quello di controllare unificare e finanziare eventuali iniziative (oltreché proporne d'originali) volte ad agitare dinanzi all'opinione europea la questione napoletana e a sollecitarne una soluzione impostata sulla detronizzazione borbonica e sul veto a Murat.(180) Membri del Centro gli emigrati delle Due Sicilie, senza distinzione di confessione politica; componenti il Comitato d'agitazione quattro o cinque costituzionali piemontesizzati tipo Scialoia e Massari, quattro o cinque rivoluzionari repubblicani tipo Pisacane e Cosenz.
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