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Un'idea molto simile, ma assai piú limitata, l'aveva avuta Antonio Panizzi, esule a Londra, fin da quando Settembrini e compagni eran stati rinchiusi nell'ergastolo dell'isola di S. Stefano, in rivoltante promiscuità con centinaia di condannati comuni (imperdonabile obbrobrio, a quei tempi, per l'Europa civile!): farli fuggire.(189) Il progetto, piaciuto a moltissimi, italiani ed inglesi, pareva avviato sul principio del '55 a sollecita esecuzione: avvisati e favorevoli gli ergastolani, complici preziosi lo stesso ministro d'Inghilterra a Napoli (William Temple(190), fratello di Palmerston!) e il suo collega a Torino; Garibaldi disposto a capitanare l'impresa, Bertani impresario, danaro fin che se ne voleva. A Genova era il segreto di Pulcinella.
Ma un primo tentativo d'esecuzione, operato nell'autunno di quell'anno, fallí miseramente con un naufragio nel mar d'Inghilterra. Ci si preparò per la primavera seguente.
Fu all'indomani di quel disastro che giunsero a Genova e a Londra le proposte di Napoli:(191) era troppo naturale che si pensasse a coordinare i due piani. Il popolo meridionale è un popolo sentimentale: quando avesse saputo che i prigionieri politici, fuggiti dal carcere, levavan la bandiera della rivolta, li avrebbe appassionatamente seguiti. Cosí pensò Pisacane, cosí pensarono molti altri mazziniani con lui. Non li sfiorava neanche il dubbio che forse gli ergastolani avrebbero preferito ricuperar la loro libertà per vivere quieti in paese straniero anziché compromettere con essa la vita in una sommossa violenta.
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