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      (206) Il pericolo di vedersi scavalcati dai murattiani rendeva dunque sempre piú rabbiosa e frenetica l'attività dei mazziniani. I loro corrispondenti di Sicilia e di Napoli venivan continuamente incalzati perché, in attesa della spedizione, facessero: gesti individuali, dimostrazioni, rivolte locali, non monta, purché facessero e arroventassero l'ambiente e disponessero il terreno all'imminente sforzo finale. Fu, negli ultimi del '56 e sull'inizio del '57, una tempesta spaventosa e cruenta, tanto piú che molte altre iniziative terroristiche si svolgevano autonome, senza controllo di partito.
      Il barone Bentivegna alzava nel novembre del '56 la bandiera dell'insurrezione nella Sicilia occidentale; in altri luoghi dell'isola seguivano moti e tumulti. Sorpresa dei mazziniani in Piemonte dai quali si era pur concertata quell'impresa, ma pel gennaio del '57. Pisacane a Fanelli: «... quello che fece era colui che aveva moltissimo cooperato al lavoro; erasi avvisata Messina di attendere il piano, l'eroe temendo la cosa si scoprisse, e che le mire erano su di lui, senza avvisare anticipò... Noi dopo che avemmo l'accordo per la paccottiglia, ricevemmo inaspettato avviso del fatto ed assicurazione della risposta di Palermo, poi non piú nuove...» Comunque, poiché le prime informazioni inducevano a bene sperare, una ventina di emigrati napoletani, riunitisi immediatamente a Genova,(207) risolvettero di provocare un'agitazione, ed anche, ove ciò fosse possibile, un movimento insurrezionale nelle provincie di terra ferma del regno di Napoli.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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