Alle difficoltà derivanti dalle deficienze di Fanelli e dalle ritardate comunicazioni si aggiungevano naturalmente quelle dovute alla mancanza di fondi.(240) Ventimila lire, versate da Adriano Lemmi, qualche altra oblazione, sta bene. Ma si dovevano spedire migliaia di lire a Napoli, di abbondante danaro doveva esser fornito il capo della spedizione, e bisognava acquistare intere casse di armi! Mazzini non aveva requie: sollecitava gli amici e gli amici degli amici, caricava d'ipoteche il suo minuscolo patrimonio. È doloroso, scriveva, «ch'io debba arrossire mendicando qua e là lire sterline agli inglesi che le dànno a un po' d'influenza personale, ma inarcando le ciglia, e dicendomi: dove diavolo è il Partito fra voi?»(241) Procurarsi daghe, fucili, pistole, d'altronde: non era agevole ottenerli neanche a pronti contanti, e tanto meno trasportarli, una volta acquistatili. Un certo stock, a quanto sembra, venne fornito dagli Orlando di Genova; altri giunsero a Genova, celatamente, da Torino. Pisacane a Cosenz, 17 maggio: «Avrai ricevuto la mia ultima in cui ti annunziavo l'arrivo di 116 (cifrario: armi), collocati in luogo sicuro ed opportuno pel resto da farsi... L'italianissimo Cavour ha fatto inviare da Torino una circolare a tutti i carabinieri onde visitare i carri sullo stradale, per fortuna il nostro arrivò quasi 24 ore prima di quello che avevamo calcolato, altrimenti chi sa che cosa sarebbe avvenuto...»
Notizie vaghe su questo tramestio d'armi trapelavano alle autorità genovesi e ai consoli stranieri, specie a quello toscano e napoletano.
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