Ma Pisacane, munito dei piani della spedizione e della corrispondenza col Comitato di Napoli, spiega invano la sua appassionata eloquenza: Garibaldi, appoggiato a Genova da Bertani e Medici, è fermissimo nel diniego, ben persuaso che senza l'appoggio del governo sardo sia impossibile ormai raggiungere in Italia per via d'insurrezioni alcun resultato apprezzabile.(257) A Nicotera invece sembran piú che esaurienti le documentate assicurazioni di Pisacane esser tutto «disposto nel Regno, e che soltanto vi bisognava un'iniziativa»: tanto piú che gli consta che Pisacane s'è rifiutato di prender parte in passato ad altri movimenti insurrezionali da lui considerati immaturi. L'acquisto di Nicotera, intellettuale di fegato, popolare nella nativa Calabria, è incoraggiante e importante.(258)
Piú tardi, il 22 o il 23 di giugno, trovandosi Garibaldi in Genova, Pisacane s'abboccherà un'ultima volta con lui, ma senza frutto.(259)
Mazzini spedisce intanto a Fanelli le istruzioni definitive sull'azione da svolgersi a Napoli a sbarco avvenuto. Bisogna che Napoli insorga. Si badi bene però: «astenersi da manifestazioni esclusive», affermare fin da principio il carattere nazionale del movimento, stroncare inesorabilmente ogni deviazione murattista. Sfruttare senza esitazione il primo fermento che la notizia dello sbarco produrrà nella popolazione, non lasciarsi «sedurre dalla tendenza cosí facile e funestissima ad aspettare che lo sviluppo del moto provinciale assuma proporzioni imponenti». Si tenti subito un colpo d'audacia, per esempio impadronirsi di sorpresa d'uno dei forti che circondano Napoli; nel tempo stesso, non prima, si spargano tra i militari e i borghesi proclami insurrezionali e si faccian sparire «per fatto individuale» gli alti gradi dell'esercito.
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