Dopodiche l'adunanza si sciolse.
Due giorni di ansiosi preparativi.
Il 6 giugno, a notte alta, accompagnato da altri emigrati fra i quali un Pisani, fratello del relegato, Rosolino Pilo si portò presso Rivarolo di Ponente, in una villa sul mare dove in precedenza si erano trasportate dodici casse di «letti di ferro» (duecentocinquanta fucili, con relative munizioni, e duecentocinquanta daghe). A mezzanotte, mentre qualcuno pensava a tener lontane le guardie di dogana, si trasferí questo carico sulla goletta già pronta in attesa.
Era comandata, questa, da un vecchio lupo di mare cui si eran promessi lauti guadagni purché si fosse prestato a tener mano a un contrabbando. Ma il pover'uomo, osservate che ebbe le casse, non stentò a rendersi conto di che mai si trattasse; sí che, nel timore d'incorrere in rischi piú seri dell'usato, bruscamente rifiutò di partire. Lieve impaccio per quei giovanotti già d'accordo col rimanente dell'equipaggio! Al vecchio, che tra molte bestemmie piangeva e profferiva minaccie, si tolse il governo della nave e fu lasciato in un canto a ruminar la sua ira.
Pure quel pianto fu un cattivo presagio. I primi due giorni si ebbe infatti a lottare con l'assoluta mancanza del vento, che fece dubitare non si sarebbe raggiunto in tempo il luogo destinato; e quando, la notte dall'8 al 9, finalmente, le vele si gonfiaron d'un tratto, non era vento, era bufera scatenata. «Il mare divenne piú che burrascoso, un vento tutt'affatto contrario cominciò a soffiare: il battello ruppesi nella carena e l'ondate del mare penetravano dentro, di modo che in pochi momenti si giunse ad avere quattro palmi d'acqua.
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