No, questo non doveva accadere.
I quattro corsero da Mazzini, che si teneva allora celato in casa Pareto: Mazzini rimase atterrito. «Un intiero edificio costrutto con una difficoltà infinita, — scrisse a un amico — successo insperato fino a ieri, ed avverti che oggi era il giorno decisivo, venne abbattuto da un colpo di vento, a cagione di un naviglio sbattuto dalla tempesta, che gittò in mare il materiale e gli altri oggetti... Ce n'è da darsi la testa nel muro... »(270) Che fare? Impossibile spiegar l'accaduto per telegramma; per lettera, sí, profittando del postale per Napoli che partiva nel pomeriggio; ma a chi affidare uno scritto cosí compromettente? Si pensò, al solito, al consolato inglese e la lettera, vergata in grandissima fretta, vi fu recapitata; ma il consolato era chiuso!
Fu allora che parlò la compagna di Pisacane. Essa aveva assistito con grande inquietudine a tutti i preparativi della spedizione, troppo generosa per dissuaderne il suo Carlo in nome del suo amore o dei diritti della piccola Silvia, troppo intelligente e sensata per non prevederne il tragico esito; aveva, per mesi e mesi, taciuto. Ora parlò con rude schiettezza.(271) Non sapeva intendere come ci si potessero fare tante illusioni sulla serietà e l'entità dei preparativi compiuti dal Comitato di Napoli. E infatti, delle due l'una: o laggiú si andava organizzando davvero una vasta rivolta, e allora che bisogno poteva mai esserci di questa pericolosissima spedizione di pochi? O invece una spinta dall'esterno — cosí lieve! nessuno come lei poteva sapere quanto terribilmente lieve!
| |
Mazzini Pareto Mazzini Napoli Pisacane Carlo Silvia Comitato Napoli
|