.. Tutto ciò che dovete sbrigatelo; io non credo che possiamo durare a lungo senza avere arresto, ed allora le faccende potrebbero rimanere sospese per un pezzo e con grave danno». Gli stessi appelli, febbricitanti, rivolge agli amici di provincia. «Tenete tutto prontissimo», raccomanda a Giacinto Albini (il 18); l'insurrezione non è che ritardata «di qualche giorno». Lo stesso scrive al Libertini (20 giugno): l'azione è «sospesa» per «pochissimo», bisogna «intanto giovarci della poca dilazione»; lo stesso al Magnone (22 giugno).
Ma non sarebbe stato Fanelli se quando poi Pisacane, tornato a Genova, gli annunziò l'imminente concretarsi dell'impresa, non ne fosse rimasto sbalordito addirittura e non avesse per l'ennesima volta maledetto il momento nel quale s'era messo in contatto con quel pazzo furioso.
Pisacane era ripartito da Napoli, per via di mare, il 16 giugno.(278) Si sentiva tranquillo e pieno di speranza: il resultato piú importante del suo viaggio era stato quello di avergli permesso di rendersi conto pienamente, in anticipo, dell'immenso effetto morale che lo sbarco a Sapri avrebbe provocato in tutto il regno; i rivoluzionari napoletani, ricchi delle migliori intenzioni, ma incerti e indolenti, avrebbero indubbiamente reagito, di fronte al fatto compiuto, con quell'energia che spesso gli irresoluti dispiegano all'improvviso quando una travolgente forza esterna non lascia loro altra alternativa che quella di agire in una certa direzione o di passar da codardi. Del loro zelo antiborbonico non si poteva dubitare: bisognava dunque cacciarli per forza in questa via senza uscita.
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