Al Danèri, tecnico navale, nessuno aveva chiesto consiglio.
Nel pomeriggio di giovedí 25 partirono quelli del Cagliari.(301) S'imbarcarono alla spicciolata, ostentando di non conoscersi fra loro; alcuni hanno il biglietto per Tunisi, altri (come il «possidente» Pisacane e l'«avvocato» Nicotera) per Cagliari; piú d'uno viaggia sotto mentite spoglie: Falcone ad esempio è il sig. Giuseppe Capatti.(302)
Allegria generale. Mazzini, che li abbraccia uno per uno, resta colpito dal «sorriso di fede ignara del tempo» che lampeggia sul volto di Pisacane: lo stesso sorriso che lo ha stretto a lui «nel primo nostro colloquio a Roma». Eppure, nessuna notizia da Napoli! Ma Pisacane tranquillamente ripete: «S'io riesco ad eseguire lo sbarco, se non mi arresta qualche vascello da guerra del Borbone, potete ritenere sicuro il buon successo, e certo il trionfo della rivoluzione».
Sale a bordo, per salutare i partenti, un gruppetto d'amici: tra gli altri Jessie White; anch'essa, che reca a Nicotera «un fervorino pei macchinisti inglesi a bordo del Cagliari»,(303) resta ammirata del sorridente aspetto, della maschia risolutezza di quei trenta giovani.
Altri complici e amici — e forse Enrichetta tra loro — spiano ansiosi dall'alto della collinetta del Carignano la partenza del vapore. Si è notato che la vigilanza della polizia sulle banchine è stata intensificata in quei giorni; si teme (qualcuno forse lo spera in cuor suo?) che nasca qualche trambusto, prima del levar delle àncore.
Niente: gli ufficiali di sanità discendono tranquillamente a terra, il Cagliari (sono le sette pomeridiane) finalmente si stacca; dal Carignano se ne segue con emozione la rotta, finché la nave non si cela nell'orizzonte brumoso.
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