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      Ma poi, staccatasi la nave da Ponza, esaminati un po' piú da vicino i loro nuovi compagni, ben si erano avvisti Nicotera e Falcone del colossale errore compiuto; e a Pisacane avevano affannosamente proposto di rimediarvi, sia sbarcando d'urgenza in un punto qualsiasi della costa quella pericolosa zavorra, sia, raggiunta Sapri, lasciandola a bordo del Cagliari.(334) Perché mai Pisacane si rifiutò di ascoltarli? Gli repugnava tradire, sia pur di fronte a cotal gente, gl'impegni presi, o forse gli apparve la cosa impraticabile, in trenta o quaranta che erano contro quasi trecento? Difficile dirlo, difficile ricostruire nelle sue fasi quello che dovette pur essere un tormentoso dramma interiore. Certo è però che l'atteggiamento visibile di Pisacane, da Ponza in poi, non ha niente che riveli penosa accettazione di una realtà considerata repugnante. Egli si mostra anzi fermamente convinto della possibilità di trasformar quella feccia, durante il breve tragitto, in una banda disciplinata, combattiva e, chi sa, valorosa. L'idea di farne il primo nucleo del futuro esercito insurrezionale italiano non gli pare mostruosa. I due sentimenti profondi e istintivi che ha inteso vibrare in quelle anime buie — l'aspirazione alla libertà e l'odio al «governo» — lo hanno forse tratto in errore? Non si è reso conto che l'odio al governo è odio alla legge, che la libertà desiderata non è che libertà individuale? Che costoro non hanno alcuna idealità collettiva, che mirano soltanto al tornaconto personale?


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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