Domenica sera, 28 di giugno. Ecco il golfo, largamente arcato, di Policastro: nel fondo, la bellissima, ridente baia di Sapri; il paese è un po' discosto dalla riva, tra due poggi che digradano al mare; duemila abitanti, i piú pescatori e pastori. Il Cagliari, dopo una giornata di quieta navigazione, si arresta a una certa distanza, protetto alla vista dal promontorio che serra Sapri a nord-ovest. Si attende, per lo sbarco, l'ora convenuta col Comitato di Napoli. Annotta. A terra, di qua, di là, privati cittadini e impiegati governativi avvistano la nave; una barca della dogana s'approssima; il Cagliari, riconosciutala, la saluta con un colpo di «boccaccio». Sapri è avvertita. Dispacci d'allarme partono precipitosamente pel capoluogo e per la capitale remota.
Disposto lo sbarco, il Cagliari s'avvicina alla spiaggia. Restano a bordo i passeggeri, il vecchio equipaggio,(335) eccezion fatta d'un cameriere di bordo — tale Mercurio(336) — spontaneamente aggiuntosi ai rivoltosi, i feriti di Ponza(337), il capitano Danèri. Pisacane consegna a quest'ultimo, che dovrà curarne ad ogni modo il recapito (chi mai prevede l'imminente cattura del Cagliari?) due lettere, una per Mazzini, l'altra per Enrichetta. La prima contiene il resoconto dell'episodio di Ponza e riassume gli elementi favorevoli sui quali egli conta per il buon proseguimento dell'impresa; la seconda — riferisce il Danèri — «prometteva eterno affetto, conchiudeva esortandola a sperar bene prendendo buon augurio dal primo colpo riuscito».
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