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      Andata a vuoto la visita ai Gallotti, fallita del pari l'incursione eseguita dal bollente Nicotera contro le case dei Peluso, responsabili dell'eccidio del patriota Carducci nel '48, fu giuocoforza acconciarsi a pernottare a Sapri. Notte d'angoscia pei capi, che pur si sforzavano di tranquillizzarsi a vicenda; notte di terrore pei loro seguaci, che solo adesso — sparito il Cagliari, e i fantasmi delle tenebre ingigantendo i pericoli — principiavano a misurare la tremenda avventura alla quale s'eran mischiati. Folle in tumulto, confusione, entusiasmo, fucilate magari, questo sí s'aspettavano; ma non quell'atroce silenzio piú pauroso di qualunque minaccia. Si era parlato loro di appoggi imponenti, e non avevano visto nessuno; si parlava ora della marcia da compiere, ma chi di loro conosceva quei luoghi? E i capi stessi, quel generale, quel colonnello, esigenti e severi, chi erano, donde venivano, come potevano illudersi di vincere il governo del re, che disponeva di soldati a migliaia, e avea vapori sul mare, e il «telegrafo elettrico»? Ed essi eran fuggiti dalla relegazione, dal carcere, ma che forse eran liberi adesso, o non erano invece passati sotto una disciplina piú dura e arbitraria? A Ponza, almeno, il domani seppur triste era certo, e la libertà s'avvicinava ogni giorno. Perché dunque si erano indotti a fuggire?
      Disertarono alcuni, quella notte medesima: chi per puro terrore, chi nella speranza di guadagnarsi indulgenza con delazioni all'autorità, chi per profittare delle case deserte e delle donne indifese; qualcuno, nostalgico, prese la via del paese lontano, Puglie, Calabria, centinaia di miglia.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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