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      Diceva: «Cittadini — È tempo di porre un termine alla sfrenata tirannide di Ferdinando secondo. A voi basta volerlo. L'odio contro di lui è universalmente inteso. L'esercito è con noi. La capitale aspetta dalle provincie il segnale della ribellione per troncare in un colpo solo la questione. Per noi il governo di Ferdinando ha cessato d'esistere; ancora un passo ed avremo il trionfo; facciamo massa e corriamo dove i fratelli ci aspettano. Su dunque: chiunque è atto a portare le armi ci segua. Chi non è abbastanza forte per seguirci, ci consegni l'arma. Noi abbiamo lasciato famiglia ed agi di vita per gettarci in una intrapresa che sarà il segnale della rivoluzione e voi ci guardate freddamente come se la causa non fosse la vostra? Vergogna a chi potendo combattere non si unisce a noi; infamia a quei vili che nascondono le armi piuttosto che consegnarle. Su dunque, cittadini, cercate le armi nel paese e seguiteci. La vittoria non sarà dubbia. Il vostro esempio sarà seguito dai paesi vicini, il nostro numero crescerà ogni giorno ed in breve tempo saremo un esercito. Viva l'Italia».
      L'accenno alla freddezza e viltà degli abitanti rivela che il proclama era stato probabilmente compilato, o corretto, la notte stessa, dopo l'esperienza di Sapri.
      Ma nessuno, a Torraca, terminata la lettura, si mosse, nessuno mostrò di divider quell'odio per la sfrenata tirannide, da nessuno vennero armi. Come ignorare che piú in là, verso Sala Consilina, si andava febbrilmente operando il concentramento delle forze borboniche e che anche i componenti la locale guardia urbana vi si eran diretti?


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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