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      Scrosciaron gli applausi alla lettura dei proclami sediziosi, stemmi e insegne borboniche volarono in pezzi, vennero abbattuti i pali telegrafici, saltarono fuori armi in buon numero. I capi della spedizione ebbero un momento di vero ottimismo: eran dunque maturi alla rivoluzione, quei buoni casalnuovesi!
      Il guaio si fu che quando la banda di lí a poco lasciò il paese, non uno di quei cittadini sí prodighi in evviva fu capace d'imbracciare il fucile e porsi al suo séguito. Un voltafaccia improvviso. Come spiegarlo? Pisacane, il quale partiva dalla supposizione che quella gente avesse l'odio antiborbonico nel sangue, non si trovava nelle condizioni migliori per scioglier l'enigma. Si cacciò in capo che qualche furtarello, qualche grassazione meschina commessa anche lí da rivoltosi isolati avessero alienato alla banda la simpatia di Casalnuovo; e risolvette di dare un esempio terribile, che valesse a tagliare alle radici quel male. Il disgraziato che pagò per tutti fu Eusebio Bucci, che aveva derubato di pochi centesimi una povera donna: tradotto innanzi al «Consiglio di guerra», venne, con poche o punte formalità, condannato alla fucilazione.(351) La sentenza spietata si eseguí senza indugio, a un miglio da Casalnuovo. Povero ladro Bucci, la parte di combattente non era tagliata per te: oh quanto meglio se nessun Pisacane t'avesse dischiuso, a Ponza, le porte del carcere!
      Poi fu ripreso il cammino. Padula, il centro piú ragguardevole fino allora toccato, venne raggiunto in serata.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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