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      O almeno mantenersi in gruppo, per trattare una resa onorevole?
      Ma s'intese in quel mentre il perché dell'audacia spiegata dagli undici urbani: nel paese le campane suonavano a stormo; il parroco, d'accordo col comandante le guardie urbane, radunava a precipizio la gente. Una torma di briganti — egli si pose a gridare, e le concitate parole trovavano conferma ed acquistavan forza nel crepitio delle fucilate — calava su Sanza per spogliarvi le case, oltraggiare le donne, attaccare il colera. Buona caccia per chi li atterrasse, quei galeotti fuggiti dal bagno, ricolme le tasche di danaro rubato; il re, per sovraprezzo, pagherebbe ogni testa a peso d'oro. E brandiva la croce, eccitando abilmente ora la cupidigia, ora il timore, ora lo zelo religioso dei suoi parrocchiani ignoranti. Povera gente di Sanza, perché non avrebbero dovuto credergli? Ammazza ammazza, sono i briganti che vogliono il sangue del popolo! I lupi rapaci! Gli assassini, gli untori! Contadini, artigiani, boscaioli, parve che con improvviso furore si risvegliassero in loro istinti e tendenze selvaggi, sopiti da secoli. Corsero alle case, s'armarono d'ogni arnese che capitò sottomano, che fosse massiccio o tagliente, roncole, falci, randelli, spiedi; e seguíti dal prete, aizzati dalle donne, si buttarono su per l'erta, a sterminare i briganti.
      Pisacane, che avrebbe resistito fino all'ultimo sangue a uomini pagati per difendere i Borboni, che aveva poco prima sussultato di sdegno quando i piú tra i suoi s'eran vilmente arresi, ora ordinò — e fu l'ultimo ordine suo, né alcuno osò trasgredirlo — che non si reagisse.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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