(48) Sui rapporti fra P. e Roselli da un verso, Mazzini dall'altro, scriverà P. nell'articolo del 1853 su La Voce della libertà: «Non mi diressi mai al generale Rosselli, ma sempre al triumviro Mazzini, e perché questi mostrava accettare con piacere le mie idee, e perché allora sentiva per esso sincera ed affettuosa amicizia, e perché il triumvirato suppliva in parte, con la sua autorità, al difetto di disciplina dell'esercito».
Il Trusiani, rispondendo a questo articolo, insinuò che P. lo avesse scritto unicamente per soddisfare alla sua smoderata ambizione; della quale gli pareva prova lampante l'asserzione di alcuni amici suoi «che quando furon promossi generali i colonnelli Mezzacapo, Haugh e Milbitz, il P. cessò di colpo dall'andare al quartiere generale, a rischio s'incagliassero gli affari, e mandò al generale supremo un foglio di rinunzia alla carica di capo di Stato Maggiore». Superfluo aggiungere come tale asserzione, che neanche il Roselli, interpellato, si sentí di confermare, resulti pienamente infondata.
(49) Intorno ai motivi della ritirata napoletana, ragionevolmente osservava P. al fratello, il 18 settembre, che se i borbonici si eran ritirati per volontà loro, ciò «è credibile, ma ti assicuro che è un genere affatto nuovo di tattica che forse sarà tutto vostro... Si cambia politica col nemico a fronte? Eravate venuti per attaccarci nello Stato, perché ritirarvi al nostro avvicinarsi?»
(50) Sull'azione personale svolta da P. sotto Velletri v. la sua lettera 18 sett.
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